03/02/2010: Aggiornamenti sugli antifascisti arrestati il 12 dicembre


Ieri pomeriggio il Giudice per le Indagini Preliminari ha accettato l'istanza presentata la scorsa settimana.
Robbi, che era in carcere a Pavia, è stato trasferito agli arresti domiciliari con tutte le restrizioni mentre Andrea, che era ai domiciliari, ha le firme tre volte in settimana.
Nicu rimane in carcere a Sollicciano.
Per esprimergli solidarietà con lettere e telegrammi:

Roman Nicusor
casa circondariale
via Minervini 2/R
50142 Firenze Sollicciano

Pubblichiamo di seguito due lettere inviate dai compagni dal carcere.

"Sono detenuto nel carcere Dozza per aver cercato di impedire, insieme ad alcuni compagni, una festa del gruppo fascista Forza Nuova, organizzata a Bologna il giorno 12 dicembre (anniversario della strage di Piazza Fontana).
In quell'occasione, il nostro corteo è stato caricato dagli sbirri e si è difeso come meglio poteva.
Tre compagni sono stati arrestati, oggi uno di loro si trova in isolamento e uno agli arresti domiciliari con restrizioni.
Mi preme, in questo testo, chiarire cosa rappresenta per me l'antifascismo oggi.
Se la storia ci ha insegnato qualcosa riguardo al fascismo, questo qualcosa non è solo che il fascismo è stato un apparato di dominio che ha provocato morte, sofferrenza, restrizioni della libertà ecc. E' importante sottolineare come tali eventi siano legati indissolubilmente alla storia del capitalismo e , dato questo presupposto , che non basta manifestare il proprio sdegno morale contro le forme di autoritarismo vissute per impedire la riappropriazione.
Affrontare il fascismo come evento singolo, frutto delle idee di alcuni pazzi con milioni di creduloni al seguito, ha come conseguenza logica l'accettazione dell'idea borghese dell'andamento lineare, inclusivo, democratico e non contraddittorio del capitalismo.
In realtà, noi sappiamo che il capitalismo ha un legame indissolubile con la libertà formale degli individui nell'economia e nella politica, in quanto questa libertà garantisce il dominio sostanziale di una classe che già possiede i mezzi di produzione su una che invece ha la sola facoltà di vendere la propria forza lavoro;
sappiamo che il capitalismo, nella sua “forma” perfetta, si concilia e fa valere le sue leggi attraverso la libera concorrenza sul mercato dei capitali singoli;
sappiamo che il capitalismo, sempre nella sua “forma” perfetta, ha incluso nel suo ambito d'azione un numero crescente di lavoratori, aumentando in tal modo la massa di profitto complessiva e la massa salariale complessiva (ma solo in rari casi i singoli salari).
Da quanto detto potremmo dedurre che la violenza come strumento della politica, la guerra, la stasi economica siano caratteristiche di società passate e, su questa linea, che il fascismo sia stato una sorta di riemersione accidentale di tratti feudali in un istante della storia europea.
Eppure l'indagine marxista ci ha dato gli strumenti per capire come il procedere della storia del capitalismo sia tutt'altro che uniforme e lineare: sin dagli albori, al contrario, questa è stata accompagnata dall'impoverimento delle masse contadine espulse dalle terre, dal furto e la schiavizzazione ai danni dei popoli con cui l'Europa veniva in contatto, dal monopolio, dall'espropriazione delle vecchie classi dominanti: la coazione, l'impoverimento, i limiti posti allo sviluppo hanno sempre rappresentato il lato B del progresso inteso in senso borghese.
Ma saranno le contraddizioni specifiche del capitalismo, manifestantesi nella seconda metà del XIX secolo, a rendere i tratti “eterodossi” prima elencati prevalenti: è l'età dell'imperialismo, quella in cui le dinamiche della crisi si esprimono in tutta la loro forza e i segni di un espansione illimitata si mutano in una contesa disperata di una coperta divenuta troppo corta per i famelici trust legati a doppio filo con gli stati e i loro apparati militari; e mentre le grandi potenze affilano le armi per lo scontro decisivo, accaparrano in modo sempre più esclusivo e penetrante territori alla periferia del sistema; allo scambio ineguale si aggiungono forme di esportazione di capitale che implicheranno per interi continenti la condanna alla funzione di appendici, al sottosviluppo permanente, alla disoccupazione di massa, a salari largamente inferiori alla sussistenza: in tre parole, all'importazione della crisi.
Lo scontro diretto fra le potenze imperialiste comincerà con la II guerra mondiale, ma non si concluderà con essa; nel frattempo affilava le sue armi il proletariato europeo tornato dal fronte con una consapevolezza rafforzata: sottrarre il comando della società al padronato significa affrancarsi alla barbarie: la Rivoluzione d'ottobre, il vento rivoluzionario tedesco, il Biennio rosso in Italia rappresentano, insieme ai non sopiti desideri espansionistici dei blocchi economico-statali, la chiave di volta per comprendere la nascita e lo sviluppo del fascismo in Europa; questo “movimento”, secondo quanto detto, non è affatto l'allucinazione condivisa da un manipolo di dittatori e e gerarchi e da masse inebetite: è semmai il progetto razionale di una frazione capitalistica determinata a vincere una battaglia già in atto e già scritta nel DNA del sistema a conduzione borghese.
Il fascismo rappresenta non tanto un'ideologia, definita, quanto una delle forme che assume lo stato capitalista nella fase imperialista; la mobilitazione economica centralizzata, l'accumulazione forzata di risorse per la guerra interimperialista e per l'assoggettamento esclusivo di spazi periferici di accumulazione, la “socializzazione delle perdite”, sono alcuni dei suoi connotati specifici.
Dati questi presupposti, il riemergere (facilmente rilevabile) di una “teoria” e soprattutto di una pratica fascista nelle istituzioni e nei quartieri rappresenta certo un segno dei tempi.
Il fallimento della principale scommessa del blocco atlantico, la riduzione dei territori russi e cinesi a riserve di caccia e rapina, ha provocato al contempo il riemergere della crisi in tutta la sua crudezza e un rinnovato conflitto tra i blocchi imperialisti rivali; nel mentre lo sviluppo a livello internazionale di forze efficaci e determinate a combattere le nuove forme di colonizzazione hanno inasprito le suddette contraddizioni.
In questa cornice, lo svolgersi pacifico delle dinamiche democratiche, liberali e “inclusive” è fortemente minacciato: la compressione salariale, il suo corollario costituito dal mantenimento della manodopera immigrata in condizioni di perenne inferiorità e ricatto, la “nazionalizzazione” del sistema bancario, i salvataggi delle imprese strategiche e la guerra sono strategie obbligate per la borghesia occidentale, che ben si conciliano con gli ideali di nazione, purezza della razza, autoritarismo, così come con le azioni (squadriste o legislative) ad esse associate.
Non bisogna dimenticare che il binomio “mobilità internazionale del capitale – immobilità internazionale della forza lavoro” (o alternativamente mobilità a condizioni economiche identiche a quelle del paese di provenienza) rappresenta uno dei cardini principali dell'odierno dell'odierno capitalismo.
E i gruppi neofascisti, al di là delle simboliche battaglie come quella contro la privatizzazione dell'acqua, hanno in questa fase il ruolo storico di “avanguardia reazionaria” nella battaglia per il totale asservimento del proletariato extra-europeo (oltre a quello tradizionale di para-polizia impiegata contro il movimento rivoluzionario).
E' allora necessario, oggi come non mai, rilanciare l'azione antifascista come momento della lotta contro il sistema che ci uccide, ci affama e ci reprime".

MORTE AL FASCISMO – MORTE AL CAPITALISMO
VIVA IL COMUNISMO

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"Lettera pubblica" dal carcere della Dozza, Bologna, 17 dicembre 2009

5 giorni fa siamo scesi in strada a fianco di altri compagni con la stessa netta convinzione nel cuore: cercare di impedire, senza nessun tipo di delega, il concerto organizzato dai fascisti di FN nel loro club di via Riva Reno. Lo abbiamo fatto convinti, come chiunque ama la libertà, che la cancrena fascista deve essere amputata e seppellita, per la gioia dell’umanità. Pensavamo, e pensiamo, che fosse intollerabile che questi vermi potessero festeggiare, in tranquillità, e a maggior ragione in un giorno come quello del 12 dicembre, data della strage di piazza Fontana, voluta dallo stato e compiuta da mano fascista.
Cosa saremmo riusciti a fare per impedirlo, o perlomeno per far sì che una cosa simile non avvenisse nel silenzio o nell’indifferenza? Non lo sapevamo; solo una cosa era certa: qualcosa si doveva fare. E con le nostre capacità e con i nostri limiti ci abbiamo provato.
Oggi, per esserci contrapposti al fascismo e per aver reagito alle manganellate di una carica della polizia, uno di noi si trova ai domiciliari e in due ci troviamo in carcere; tutti e tre con accuse di resistenza aggravata, lesioni aggravate, lancio di oggetti pericolosi e manifestazione non autorizzata.
Il carcere non piega il nostro desiderio di un mondo libero da qualsiasi forma di dominio e sfruttamento; quindi non rivendichiamo solo la resistenza contro il fascismo e il regime che si definisce democratico, ma anche l’azione offensiva e liberatrice contro questi.
In questo periodo, in cui il potere ha scelto il manganello alla carota, uniamo la nostra resistenza e ribellione alla lotta di chi resiste sui tetti delle fabbriche, di chi resiste e si ribella nelle piazze per non lasciare che queste vengano invase dalle camionette dell’esercito; di chi resiste e si ribella agli sgomberi; di chi resiste e si ribella all’interno dei Cie (ex Cpt), delle carceri, dei manicomi.
Insomma, uniamo la nostra resistenza e ribellione alla resistenza e ribellione di tutti quelli che reagiscono, rifiutando di restare inermi, muti e sordi di fronte all’avanzamento di un regime che ci toglie sempre di più ogni tipo di libertà e che ci rende la vita un incubo.
Andrea, Nicu, Robbi

scheggia@canaglie.net

http://www.autprol.org/