27/02/2006: Bilancio della manifestazione del 18/02 a Roma


La manifestazione di sabato 18 febbraio a Roma ci ha visto non solo come semplici aderenti, ma abbiamo contribuito attivamente affinché la sua partecipazione fosse più ampia possibile, coordinandoci, tra l'altro, insieme ad altri compagni di altre città per la propaganda e la messa a disposizione di vettori (treno, Pulman) in grado di permettere a tutti potere manifestare a Roma, perché, lo ripeteremo fino alla nausea, è centrale e prioritario nell'agenda politica dei comunisti dare il proprio indispensabile contributo al movimento contro la guerra e in appoggio alla resistenza palestinese e irachena.
Chi è venuto ha Roma, ha senz'altro colto questa priorità...
Posizioni più sfumate, o addirittura più ambigue, corrono il rischio di essere l'ancora di salvezza per l'opportunismo politico di chi si dice contro la guerra ma teme la resistenza là come qui.
Questo opportunismo politico sta caratterizzando la propria pratica nella direzione di "blindare" la discussione e l'iniziativa sulla guerra e la resistenza, boicottando attivamente – come è il caso di sabato – le mobilitazioni generose che riescono grazie allo sforzo dei compagni, qualunque sia la loro collocazione soggettiva, e non grazie al contributo mobilitante degli apparati della sinistra istituzionale.
Sabato abbiamo avuto un assaggio di cosa sarà il futuro governo del centro-sinistra, con le gran parte della sinistra allineata su posizioni smaccatamente filo-imperialiste e filo-sioniste.
Se la manifestazione ha contribuito a smascherare la vera natura di queste forze e ad inasprire le contraddizioni all'interno del futuro ceto politico di governo, ben venga!
L'anti-berlusconismo non può e non deve essere l'altare su cui sacrificare ogni critica ai pericolosi progetti del centro-sinistra, soprattutto rispetto alla guerra, alla devastazione ambientale, alle politiche anti-popolare, ai diritti civili...

Per noi Roma è stata e rimane un passaggio, utile se si crea un circolo virtuoso di iniziative in grado tra l'altro di denunciare sui nostri territori la presenza militare, come di quegli interessi politico-economici che trovano linfa vitale nella continuazione e nell'ampliamento dell'escalation bellica: le aziende del complesso militare – industriale, così come coloro che speculano e traggono profitto dalla ricostruzione (post-distruzione) di un paese fatto oggetto di una aggressione imperialista.
Per questo abbiamo cercato e cerchiamo, tra l'altro, di creare relazioni virtuose con quella fascia di proletariato migrante; così come abbiamo cercato e cerchiamo di avere un rapporto positivo con tutte quelle esperienze del movimento studentesco desiderose di conoscere, confrontarsi e mobilitarsi contro la guerra; ci adoperiamo poi per far si che i lavoratori più sensibili e le esperienze a cui fanno riferimento cooperino per dare il loro indispensabile contributo contro le politiche belliciste e si percepiscano come parte integrante di un movimento di resistenza all'imperialismo, di cui i proletari palestinesi e iracheni tra gli altri, ne sono una porzione attiva ed esemplare.
In questo senso cooperiamo con tutti i compagni non intossicati dalla propaganda di guerra che cercano di mettere in discussione il nefasto portato euro-centrico e, gratta-gratta, filo-imperialista di buona parte della sinistra occidentale e di cogliere le spinte soggettive di quelle esperienze del proletariato metropolitano che mettono in discussione i progetti dell'imperialismo nel "ventre della bestia."

Il fatto che esista un movimento contro la guerra qua, non è attribuibile tanto alle capacità organizzative di compagni con un coerente orientamento internazionalista e men che meno alle direzioni dei partiti dalla sinistra, ma principalmente dalla capacità di tenuta della resistenza in Iraq, come in Palestina e della sua forza impattante nei confronti degli occupanti.
Questi "attributi" fanno paura ai governanti nostrani attuali e futuri, che avranno come eredità non solo le imprese belliche fin qui affrontante, ma uno stato imperialista, come quello italiano, ormai sempre più orientato ad essere una macchina da guerra che interviene attivamente in ogni scenario di crisi internazionale.
Potere che già da tempo è teso ad instaurare un clima di militarizzazione delle contraddizioni sociali e che si traduce tra l'altro nel tentativo di schiacciamento di ogni voce non conforme rispetto alla guerra, che parli di resistenza.
Questo tentativo di accerchiamento, in tutte le sue espressioni, andrebbe denunciato costantemente, e non bisognerebbe cedere al tentativo fatto dalla parte avversa di farsi carico di stigmatizzare negativamente alcune espressioni del movimento contro la guerra, prestando ancora di più il fianco alle strumentalizzazioni dei fautori guerrafondai di destra e sinistra dello "scontro di civiltà" e preparando un terreno fertile affinché la repressione faccia il suo sporco lavoro.
Se ci sono state delle provocazioni sabato, sono state quelle di coloro che prima, durante e dopo hanno cercato di impedire che una mobilitazione riuscisse e che il suo contenuto fosse colto dai più, come di coloro che nella solita variazione sul tema degli "opposti estremismi" hanno paragonato alcune componenti della manifestazione alla merda nazi-fascista.
Chiaramente in un paese occupante con un vergognoso passato coloniale ed un presente non meno schifoso, chi combatte per i suoi interessi economici individuali al soldo delle truppe d'occupazione e degli interessi che esportano è un "eroe", mentre chi si batte contro l'occupante con i mezzi che ritiene necessari, è un "terrorista".
Ma non era proprio la propaganda nazi-fascista a chiamare "Banditen" i partigiani?
Guai poi a maltrattare le icone delle potenze che "esportano" democrazia in tutto il mondo, così come fanno gli sfruttati in ogni parte del globo.
Ci vuole coraggio a bollare di imbecillità propria di una sparuta minoranza un atto che è prassi dei popoli che lottano contro il gendarme del capitalismo mondiale...

Noi ci auguriamo la sconfitta politico-militare degli eserciti occupanti sul campo e l'acutizzarsi delle contraddizioni sul fronte interno, senza le quali non è pensabile uno sbocco vittorioso del movimento contro la guerra e una seria messa in discussione dell'aumento della spesa di bilancio per fini bellici e di "sicurezza" interna e il rilancio delle spese sociali.

Rilanciamo perciò la mobilitazione contro la guerra:

Sabato 25 febbraio parteciperemo al Presidio davanti al Consolato Francese a Milano, per la liberazione di Georges Ibrahim Abdallah e i compagni di AD

Sabato 4 marzo alle 10 a Parma (in luogo da definirsi) ci incontreremo per la seconda volta con alcune realtà che hanno promosso le iniziative con il compagno iracheno Ahmed Karim a dicembre e hanno contribuito alla riuscita della manif dello scorso sabato a Roma, per discutere come continuare il percorso intrapreso, in un assemblea aperta alle realtà interessate

Lunedì 13 febbraio nell'ambito delle giornate di mobilitazione in ricordo di Davide Cesari (Dax), stiamo promuovendo insieme ad altri compagni di Dax un incontro con un compagno comunista iracheno

Sabato 18 marzo a Milano daremo il nostro contributo alla manifestazione in ricordo di Dax che dalle Colonne di S.Lorenzo arriverà fino al carcere di S.Vittore in concomitanza con le altre manifestazioni mondiali contro la guerra e in appoggio alla resistenza irachena

Coordinamento di lotta per la Palestina - Milano

coordpalestina@yahoo.it

http://www.autprol.org/